Memorie di una cameriera


Prima rappresentazione
Teatro della Sapienza, Perugia
24 ottobre 1997

Foto / Bozzetti / Video

Le parole di Luca Ronconi


L'occasione per l'allestimento di questo spettacolo è stata fornita in primo luogo dalla presenza di Annamaria Guarnieri. Già in passato, proprio qui in Umbria, Annamaria aveva dato ottime prove delle sue qualità di interprete in alcuni spettacoli 'raccolti', particolarmente adatti ai ridotti spazi fisici dei teatri di questa regione; penso a Nella gabbia - la rielaborazione drammaturgica dell'omonimo racconto di Henry James curata da Enzo Siciliano che io stesso diressi alcuni anni fa per il Teatro Stabile dell'Umbria - o ancora alla Signorina Molière di Macchia per la regia dello stesso Siciliano. Dall'opportunità di lavorare con Annamaria è dunque nata l'idea di allestire, sempre per il Teatro Stabile dell'Umbria in collaborazione con il Teatro di Roma, la commedia di Dacia Maraini ispirata al romanzo di Octave Mirbeau. Personalmente avevo l'impressione che, pur non essendo un capolavoro, Le journal d'une femme de chambre offrisse spunti drammaturgici interessanti per la stesura di un copione destinato a un tipo di spettacolo 'breve' come quelli cui accennavo prima. (...) La commedia ha mantenuto la propria autonomia creativa in rapporto alla sua fonte letteraria: quella che presentiamo non è infatti la messa in scena del romanzo di Mirbeau, ma di un testo teatrale della Maraini. Il fatto che un dramma sia ispirato a un romanzo non costituisce certo una novità e, in passato, la presenza di antecedenti narrativi non è mai stata sentita come un vincolo alla libertà del drammaturgo o come una limitazione all'originalità della sua opera.

Rassegna Stampa

dal Patalogo 21 (Ubulibri, Milano, 1998)

per gentile concessione dell'Associazione Ubu per Franco Quadri

 


Luca è un regista che offre agli autori il più terribile dei regali, quello di essere completamente liberi. Non interviene, commenta il meno possibile le soluzioni che proponi e, soprattutto, alla fine lascia il testo tale e quale, non chiede tagli, cambiamenti. A me ha chiesto semplicemente un monologo che non fosse proprio un monologo. Così ho intervallato il flusso dei ricordi di Celestine con l'apparizione di alcuni personaggi del libro. (...) Strutturalmente il Journal, il diario scritto da Celestine giorno per giorno, si è trasformato nel mio Memorie di una cameriera, e dunque in un lungo flashback sui ricordi. Ma anche l'atmosfera, il clima letterario è cambiato. Senza spostamenti geografici o attualizzazioni (tutto è ambientato come nel libro in una provincia dì campagna francese d'inizio secolo), anche d'accordo con Ronconi, abbiamo smorzato certe tirate moralistiche troppo datate, e ammorbidito gli effetti da grandguignol. Bastano dei cambiamenti di stile del racconto, di scrittura, per rinverdire le storie e i personaggi. Credo di non aver tolto nulla alla lucidità e alla cattiveria dello sguardo di Celestine togliendole certe asprezze e furori melodrammatici. Anzi, il candore e l'ironia, una buona dose di umorismo che a Celestine davvero non manca, consentono di affondare meglio il bisturi...
Intervista a Dacia Maraini di Nico Garrone
«La Repubblica»
8 settembre 1997
Nella vasta (e pressoché onnicomprensiva) tipologia teatrale di Ronconi, queste Memorie possono forse essere inserite nei 'racconti', quelle messinscene ampie (a prescindere dai metri-quadri) dove il piacere affabulatorio investe i personaggi e le loro parole non meno che le strutture, gli apparati e gli oggetti di scena. Vicine, se è lecito l'esempio, a quel Ruy Blas di Victor Hugo, avvincente come è Hugo e avviluppato in un labirinto di sipari atteggiati in ogni foggia e dimensione. Anche qui i tempi sono quelli della grande narrazione (ma forse si potrebbe in certi tratti serrarli), e c'è un ambiente claustrofobico di 'interni' (come è ovvio dato il tema), che respira e vive, anche quando non lo dà a vedere. Mobili su mobili riempiono la scena di Marco Capuana, su ogni parete compreso il soffitto: la bella intuizione 'da rigattiere' della Serva amorosa goldoniana (sempre in Umbria e con la Guarnieri) diventa qui ravvicinata analisi al microscopio.
Gianfranco Capitta
«Il Manifesto»
30 novembre 1997