La Torre

Traduzione:   Giorgio Manacorda

Scene:   Gae Aulenti


Personaggi - Interpreti:
Oliviero - Odino Artioli
Una recluta - Aldo Vitali
Andreas - Luca Massei
Pankraz - Fabrizio Sorbi
Il gambadilegno - Andrea Orlando
Anton - Mauro Avogadro
Il medico - Guido De Carli
Sigismondo - Franco Branciaroli
Guardiano della torre - Riccardo Bini
Guardiano della torre - Giovanni Delbecchi
Guardiano della torre - Franco Ricordi
Guardiano della torre - Mauro Stramazzo


Personaggi - Interpreti:
Iulian - Paolo Graziosi
Anton - Mauro Avogadro
Il medico - Guido De Carli
Simone, ebreo - Ugo Butera


Personaggi - Interpreti:
Un giovane camerlengo - Luigi Miceli
Il padre guardiano - Moreno Pini
Frate - Riccardo Bini
Frate - Aldo Vitali
Un mendicante - Giovanni Delbecchi
Un giovane frate - Franco Ricordi
Il re - Emilio Bonucci
Un vecchio cortigiano - Virgilio Quagliato
Secondo cortigiano - Mauro Stramazzo
Terzo cortigiano - Michele Borri
Il Grande Elemosiniere - Giancarlo Prati
Il Voivoda di Lublino - Luca Massei
Iulian - Paolo Graziosi
Anton - Mauro Avogadro


Personaggi - Interpreti:
Anton - Mauro Avogadro
Sigismondo - Franco Branciaroli
Una contadina - Gabriella Zamparini
Iulian - Paolo Graziosi



Prima rappresentazione
Fabbricone, Prato
17 giugno 1978

Foto / Bozzetti / Video

Le parole di Luca Ronconi


Nella «Torre» – anche questo un testo, come quello di Pasolini, costruito sulla «Vita è sogno» di Calderón – cercavamo al contrario di oggettivare il dramma nel suo rapporto con il pubblico, portandolo all’interno di un sistema teatrale dotato di scenografia, ambientazione, storia, vicenda, rapporti tra i personaggi, dove l’asse portante dell’esperimento era il racconto con le sue nove ore e mezzo di durata, in un continuo andare e venire dentro le pieghe della vicenda, che si rifletteva nel continuo andare e venire del pubblico dentro e fuori idiversi luoghi e tempi della rappresentazione, che riportavano a ciò che lì si vedeva, ma anche alla Bibbia, alla Polonia, alla «Vita è sogno», alla crisi dell’autore nel crollo dell’Austria felix... Se anche l’apparenza sembrava condurci a qualcosa di fortemente naturalistico, in realtà gli attori erano come “abitati” dalle parole che dicevano e che provenivano da un “altrove” (come la drammaturgia di Hofmannsthal, che usa un linguaggio “velato”). Questo creava una situazione di conflitto che era un po’ il doppio di quello tra Dioniso e Penteo nelle «Baccanti»: un rapporto dell’attore con le parole e le origini delle parole, con la profondità e la superficie di un avvenimento.
«Luca Ronconi. Prove di autobiografia»
a cura di Giovanni Agosti (Feltrinelli, 2019), pp. 167-168