L'uccellino azzurro

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Le parole di Luca Ronconi


Altri, invece, sono i motivi dell’insuccesso dell’«Uccellino azzurro» di Maeterlinck. Dopo la conclusione, che è eufemistico definire sgradevole, del Laboratorio di Prato, l’Ater mi fa la richiesta di realizzare uno spettacolo. Accetto a due condizioni: poterci andare con gran parte degli attori del Laboratorio e mettere in scena uno spettacolo per ragazzi, ma del tutto contrario al modo con cui, allora, si pensava al teatro per ragazzi. Senza bamboleggiamenti, dunque, senza infantilismi: un esercizio propedeutico, ma proponendo, al contrario, qualcosa che potesse essere pauroso, a livello di esperienza, perché sono convinto che ai ragazzini bisogna fare passare dei guai, invece di facilitargli la vita a tutti i costi. Lungo la strada la commissione si è modificata: doveva essere qualcosa che andasse bene per i ragazzi, ma anche per gli abbonati adulti, per i locali ma anche per la tournée. Il bersaglio si faceva dunque sempre più vago; in più il testo era quello che era: suggestivo ma molto fiacco. All’origine della scelta dell’Uccellino azzurro c’era anche il fastidio che sentivo per le tante scemenze e per i tanti luoghi comuni della politica culturale di quegli anni. Si era alla fine degli anni Settanta ed era evidente la vera e propria slavina che era seguita alle grandi baggianate dette sulla voglia di cambiare tutto, di oltranzismo a tutti i costi. La scelta di questo spettacolo per ragazzini in chiave negativa e la scelta di questo testo per certi versi fastidiosamente passatista nascevano da lì. E probabilmente la non riuscita dello spettacolo trovava la sua origine in un momento di stizza, di fastidio e anche di disprezzo, forse, verso il movimentismo giovanile di quegli anni (non certamente verso i lavoratori), più che da un momento di reale interesse verso qualcosa. Eppure è indubbio che quel perentorio – e per allora sconcertante – ritorno alle mura domestiche di cui si parla nel testo anticipava tematicamente le cose che in altri modi sarebbero successe qualche anno dopo: fregarsene delle esperienze per rinchiudersi nel privato, non abbandonare per nessun motivo il rifugio della propria comoda casetta.
«Luca Ronconi. Prove di autobiografia»
a cura di Giovanni Agosti (Feltrinelli, 2019), pp. 261-262


Rassegna Stampa

dal Patalogo 3 (Ubulibri, Milano, 1980) 

per gentile concessione dell'Associazione Ubu per Franco Quadri


Questo Uccellino vola piuttosto basso.
Rita Cirio
Questo Uccellino azzurro ha il volo stanco, è nato così, con qualcosa nell'ala.
Roberto De Monticelli
Ronconi vola o non vola?
«Corriere d'Informazione»
L'Uccellino in mezzo al guado.
«L'Unità»
Il passero sedentario.
«L'Espresso»
Ronconi non vola.
«Corriere della Sera»
L'uccellino azzurro di Maeterlinck, pensato per un pubblico di ragazzi per conto dell'Ater-Emilia Romagna Teatro da Luca Ronconi, il quale applica alla greve parabola didattica le lentezze del suo precedente Schnitzler, perseguendo un duplice omaggio, a Magritte con le scene uscite da un grande libro illustrato e a Wilson con i ritmi della recitazione compiaciuta e onirica. Ma l'esasperazione analitica rende il racconto implacabilmente stagnante, mentre fallisce il tentativo di rovesciare il paternalismo del racconto per farne una specie di Faust alla rovescia. Costretto a lavorare sul palcoscenico. Ronconi rivela la nostalgia per il lavoro sullo spazio che gli è più congeniale e che ormai gli viene imitato anche da compagnie tradizionali.
Franco Quadri