Gelida correttezza della «Fedra» di Seneca
E’ strano, ho applaudito anch’io ad apertura di sipario quell’abbagliante composizione, su cui spiccavano le sagome dei corpi, nei severi costumi di Enrico Job, e poi pian piano mi sono distratto a guardare il giocattolo scenico, la magica apertura dei canali di comunicazione tra una buca e l’altra. E così ogni tanto seguivo la Brignone che celebrava il suo rito con una continuità stilistica perfetta. Dalla buca più alta Rigillo interveniva con giudizi che detti di lassù parevano non coincidere con quanto accadeva nei paralleli inferiori; la nutrice Anita Laurenzi parlava ad Ippolito? A Fedra? O allo spazio cosmico? Tutto sembrava indubbiamente una partitura voluta. Solo quando è apparso Gianni Santuccio nei panni di Teseo ho risentito un certo modo a me noto di recitare la tragedia. I versi si sono gonfiati del loro debito rilievo, come una materia diversa, che lieviti nella recitazione. E questo poteva anche essere il segno di una umanità troppo umana, esclusa dal rito metafisco degli amori di Fedra e di Ippolito. Comunque un fatto teatrale. Molti applausi e chiamate agli interpreti e al regista.
Giorgio Prosperi
«Il Tempo»
13 gennaio 1969
Nel programma della «Fedra» di Seneca diretta da Luca Ronconi, andata in scena ieri sera al Teatro Valle non troverete il nome dello scenografo. Tutta la scenografia consiste in una grande piattaforma color bianco ghiaccio, inclinata in pendio molto ripido, che riempie quasi per intero lo spazio scenico e lascia in vista sullo sfondo, al naturale, le pareti anch’esse bianche del palcoscenico e i suoi servizi. Su questa piattaforma in declivio sono disposti alcuni pianerottoli, che si aprono e si chiudono a botola a seconda dello svolgimento dell’azione, e sui quali trovano posto i personaggi. Quando le luci si accendono, tutti i personaggi sono al loro posto, meno Teseo che apparirà più tardi da una delle botole che si chiude al momento del suo ingresso; e tutti agiscono e parlano in simultaneità di presenza e in quasi immobilità. Gli spostamenti, ridotti al minimo indispensabile, sono ottenuti col passaggio degli attori dall’uno all’altro pianerottolo per mezzo di scalini anch’essi retrattili. Le azioni più violente sono rese scenicamente con mezzi di una semplicità essenziale. Il passaggio di Ippolito da vita a morte è suggerito da un drappo bianco che il Messo distende su di lui poco dopo ch’egli ha pronunciato la sua ultima battuta di vivente. Il tacere di un personaggio, il suo uscire di scena, è suggerito dal suo accasciarsi a terra, nel suo luogo deputato.
L’intuizione da cui muove Ronconi vale da solo l’intero spettacolo e l’idea consiste sostanzialmente in questo: che un teatro come quello di Seneca, tradizionalmente immaginato come grondante sangue, orrore, crudeltà ed efferatezza da ogni battuta, più essere efficacemente reso attraverso una mortificata nudità da oratorio, e che la violenza e la crudeltà autentiche non hanno bisogno di essere tradotte in modo veristico e verosimigliante, ma possono essere rese attraverso la violenza e la crudeltà della parola prima ancora che attraverso l’immagine. Per mezzo del ghiaccio e non per mezzo del fuoco.
Renzo Tian
«Il Messaggero»
11 gennaio 1969
Secondo spettacolo dello Stabile di Roma, gran prima l'altra sera al Valle, e seconda ondata di noia in una serata penosa. Un noia fitta. Invincibile e banale, malamente travestita da spettacolo culturale, perchè suppongo che tra i molti applausi dei sodali [... ] ce ne fossero anche di quelli che gli veniva fatto di pensare: «Io applaudo uno spettacolo niente meno che di Seneca e diretto eccetera eccetera, dunque io sono una persona colta e aggiornatissima!» Ad ogni modo hanno ufficialmente annunciato che manderanno a vedere lo spettacolo gli studenti delle medie. Il testo: «Fedra» di Lucio Anneo Seneca, gran personaggio davvero e ministro di Nerone, proprio quel Nerone là. Sicuramente si possono fare dei discorsi bellissimi, e anche degli articoli, e forse, con molte idee, anche uno spettacolo, con questo testo: ma tutto sommato c'è da chiedersi perchè è stato scelto, poteva benissimo continuare a dormire negli scaffali [...]
Spettacolo, regia, attori: ecco, sembra proprio che finora io abbia sopravvalutato il regista Luca Ronconi: chiedo perdono e non se ne parli più del mio errore [...]
Gli attori, la regia deve averli più che altro confusi, perchè non s'erano mai visti una Brignone e un Santuccio impelagati così. Salvandosi dal naufragio la nutrice, Anita Laurenzi, e riscuotendo un notevole successo il giovane Marzio Margine: ma lo si era già visto in parti molto più ricche e convincenti di questa. Massimo Foschi fa la parte di Ippolito. Mariano Rigillo quella del coro. Costumi di Enrico Job: bello quello di Teseo, un mantello che muovendosi mostra nervature come di ali di aquila o di pipistrello. Dei variegati applausi si è detto, repliche.
Elio Pagliarani
«Paese Sera»