La nostra presenza a Spoleto 2008 non si concretizzerà in uno spettacolo ma avrà come protagonista l’Associazione Santacristina e il nostro modo di lavorare, di essere nel teatro. Per quattro giorni porteremo a Spoleto il nostro modo di lavorare, dal mattino alla sera, di confrontarci, lasciando le porte aperte per mostrare a tutti quelli che vorranno vedere quello che noi facciamo da quando siamo nati. Secondo lo Statuto che ci siamo dati la nostra Associazione ha nei suoi compiti istituzionali quello di produrre spettacoli e di tenere dei corsi. Ma come collante fra gli uni e gli altri c´è quella che considero la nostra identità più profonda: dare la possibilità a degli attori e a dei registi professionisti, più o meno giovani, di riunirsi per un periodo dell’anno a discutere, a ragionare, in un luogo accogliente, attorno a un tema che riguarda il nostro lavoro, ponendoci, di volta in volta, delle domande che possono essere di tipo tecnico, interpretativo, drammaturgico. (…) Lavoreremo su di un tema affascinante: gli scambi fra letteratura e teatro, come opere che nascono per la scena decadano dal punto di vista della rappresentabilità e si trasformino, nel corso del tempo, in letteratura e viceversa. È proprio da qui che nasce la domanda su come rapportarsi, da attori e da registi, con questo cambiamento. Punteremo dunque la nostra attenzione su autori logorati dalla tradizione nei confronti dei quali spesso sentiamo la necessità di prendere le distanze sia dal loro canone rappresentativo consolidato sia dal cercare di rinnovare a tutti i costi. All’inizio pensavo a tre o quattro autori, che poi ho ridotto ai soli Brecht e Ibsen, ma alla fine mi sono deciso per Ibsen che mi pare possa offrire più di una possibilità per approfondire, verificare quanto detto finora. (…) Molto meglio, allora, cercare di vedere come delle figure che appartengono al mondo e alla società dei tempi di Ibsen - per esempio la Nora di ´Casa di bambola´, con il passare degli anni diventino delle figure mitologiche il cui legame con la vita reale si attenua mentre se ne stabiliscono altri. Mi sono sempre chiesto se in una drammaturgia estremamente compatta come quella ibseniana ogni commedia non sia, in realtà, un´altra storia ´figliata´ dalla precedente. Per esempio rispetto a Casa di bambola con i suoi due finali - Nora che se ne va, Nora che resta - che suggeriscono due destini diversi, un testo come Spettri dà l’impressione di essere stato scritto come risposta alla domanda: che cosa sarebbe successo se Nora invece di andarsene fosse rimasta accanto al marito prigioniera delle convenzioni?