Santacristina. Corso di formazione per attori. La mente da sola

Il corso di formazione per attori si svolge presso gli spazi del Centro Teatrale Santacristina e partecipano 25 allievi attori, selezionati tra le oltre 400 domande pervenute, 8 attori professionisti e 2 registi in qualità di uditori.
Il Teatro Morlacchi di Perugia ospita la giornata conclusiva aperta al pubblico.

Ronconi lavora su lettere di Emily Dickinson, Franz Kafka, Wolfgang Amadeus Mozart, John Keats, Katherine Mansfield, Antonin Artaud, Vita Sackville-West, Georg Trackl, Dylan Thomas, Charles Bukowski, Marina Cvetaeva, Susette Gontard, Boris Pasternak, John Fante, selezionate da Emanuele Trevi

Centro Teatrale Santacristina, 17 luglio - 30 agosto 2006

Foto / Bozzetti / Video


Rassegna Stampa

dal Patalogo 30 (Ubulibri, Milano, 2007)

per gentile concessione della Associazione Ubu per Franco Quadri


La lettera non è vista come monologo, ma nel senso di una proiezione di mondi mentali in movimento da chi scrive a chi riceve ed è dunque già evocato: un gioco di ipotesi, desideri, violenze psichiche, quindi una scena immaginaria dove troneggia una specialista del genere come Emily Dickinson, affidata con ironia a una serie di ragazze molto più alte di come lei si descrive. Ed ecco il riscontro del pessimismo di Kafka, mentre si passa da Keats alla Mansfield, dagl sfoghi sadico-anali di Mozart alla carnalità di Bukowski e, su un piano più intelettuale, si inseguono o respingono la Cvetaeva e Pasternak. Ma prima della serie più decisamente amorosa esplode la corrispondenza emozionante in cui Antonin Artaud, sdoppiato in molte voci, rivela al critico Jacques Rivière il tormento vitale su cui si basa la sua idea fondante di un altro teatro: ed è il fulcro delle quattro ore della misterica serata, vissuta con entusiasmo dai trentatré protagonisti, alcuni già noti tra i quali, per una volta, sono i maschi a distinguersi.
Franco Quadri
«La Repubblica , edizione di Milano»
25 settembre 2006
Fra i teatranti che, per scelta personale ma anche come curiosità e apertura verso il futuro hanno sempre avuto come stella polare la formazione dell'attore, c'è senza dubbio un regista come Luca Ronconi che oggi non solo dirige la Scuola del Piccolo Teatro, ma che ha fondato tre anni fa una Scuola di perfezionamento con sede in Umbria a Santacristina. Oggi questa Scuola, che si rivolge ad attori già diplomati, ha una casa. La frequentano, dopo una selezione severa, attori che vivranno il futuro ma che stanno già ben piantati nell'oggi del teatro italiano, che hanno scelto di vivere un'immersione totale nel lavoro: quest'anno trecentocinquanta ore dal 17 luglio al 30 agosto. Per questa sessione le domande sono state 350, i prescelti circa 32 più alcuni uditori. Tutti disponibili non tanto ad andare alla ricerca di un attore che non c'è, come succedeva nelle grandi utopie del passato, ma a cercare di attrezzarsi, di arricchirsi per un teatro che c'è. Perché toccherà poi a loro proseguire andando oltre i «maestri» e la tradizione, ma dopo averli ben conosciuti. Con qualche civetteria Ronconi chiama questo lavoro a 360 gradi un «aggiornamento necessario». In realtà è un vera e propria immersione comune dentro un percorso che significa vivere dal mattino a notte nello stesso luogo dove si mangia, ci si riposa, si chiacchiera, si dorme e ovviamente si lavora: tutti insieme, appassionatamente, malgrado le eventuali simpatie o idiosincrasie del caso. Certo niente è nuovo sotto il sole: già il mitico Copeau, il maestro dei maestri, stella polare di quello che Ronconi considera - pur nelle ovvie diversità - uno dei suoi maestri, Orazio Costa, riuniva attorno a sé durante le vacanze i giovani attori del suo teatro e della sua scuola nella casa di campagna per vivere giorno per giorno una vita comune in sintonia con la natura e con il lavoro dei campi. Anche la sede del Centro teatrale Santacristina si trova in campagna, dove Ronconi ha scelto di vivere quando non è in giro per il mondo. Anzi la sua sede appartiene proprio a lui che l'ha messa a disposizione e che con l'aiuto di un architetto l'ha ristrutturata potendo contare prima di tutto su se stesso e poi sui contributi della Regione Umbria (ma anche, a diverso titolo per tutta l'operazione, del Teatro stabile dell'Umbria, della Provincia, del Comune, della Cassa di risparmio di Perugia, di Lottomatica e dell'Università per stranieri della città). È una bella casa colonica con fienile e stalla ristrutturate, con due meravigliose sala prove, monastiche camere per due dai candidi lettini, come candidi sono le pareti, i divani e l'ampia cucina dove si prepara il cibo che vede uniti allievi e maestro ma anche insegnanti, collaboratori o ospiti che di volta in volta approfondiscono alcune tematiche legate al tema del lavoro prescelto. Racconta Roberta Carlotto, che con Ronconi non solo condivide ma dirige questa esperienza totalizzante, che qui si lavora con grande flessibilità e senza burocrazie e - poiché sappiamo quanto, a volte, la burocrazia uccida o ritardi le cose -, questa è una prima buona notizia. La seconda, che sta poi a fondamento di tutto, è che Ronconi è una presenza fissa lungo tutto il periodo di lavoro. Del resto è da anni che, già nella Scuola del Piccolo che dirige e che definiremo di «primo grado», Ronconi impegna così una parte cospicua del suo tempo. Spiega: «Prima non succedeva che un attore, passata la trentina, cercando di mettere a fuoco la propria esperienza, si rendesse conto di certe lacune. L'importante è che comincino a capire che il legame con la tradizione è fondamentale perché occorre essere consapevoli di certe norme per poterle eventualmente contestare, altrimenti rinnovarsi è impossibile». Quest'anno il lavoro finale si è svolto nel confronto con un testo che nasce dalle lettere di personaggi fondamentali nella storia della letteratura, della poesia. E si è concluso con il risultato, mostrato al pubblico, dell'approdo di una ricerca non solo su se stessi ma soprattutto sul teatro come fondamentale dimensione della vita. Dice un allievo che l'esperienza è per molti aspetti spiazzante ma incredibile per i risultati, per il senso di grande libertà che suggerisce, per la quotidiana presenza e gli interventi severi ma non castranti di Ronconi. Ma perché scegliere proprio le lettere che rischiano di sembrare qualcosa di irrimediabilmente lontano nel tempo degli sms trionfanti? «Perché dire le lettere, confrontarsi con le lettere - spiega il regista - è come mettersi in scena davanti a nessuno». Domani questi giovani che vengono da tutta Italia continueranno a vivere esperienze e storie diverse dopo un lavoro che si è sviluppato nella libertà, così difficile da gestire, di quella che per Ronconi - come scrive nel programma Gianfranco Capitta - non è una messinscena quanto una «messa in comune».
Maria Grazia Gregori
«L’Unità»
25 settembre 2006
Succede sempre che l’attore finisce con l’identificarsi con l’autore della lettera – ha detto Ronconi – qui invece la lettera può essere vista da due parti: chi la scrive e chi la riceve, le due attività sono completamente diverse. La lettera può essere scritta e letta. A noi interessano tuttti e due gli aspetti. Simultaneamente. A intermittenza. Dialetticamente.
Luca Mastrantonio
«Il Riformista»
23 settembre 2006
A settembre, quando le scuole “normali” riaprono, quelle di teatro chiudono, e mostrano i loro frutti. Quelli che Luca Ronconi porta in scena stasera al Morlacchi di Perugia. Il corso è durato complessivamente due mesi, dentro la vallata di Gubbio, in un complesso di antiche stalle che Ronconi ha trasformato in una casa del teatro tutta bianca, pavimenti di legno, biblioteca e spartane stanze da letto (si mangia e si dorme pure in questa sorta di campus lontano dal rumore). Gli allievi sono attori già professionisti, ma hanno accettato il ritiro per avventurarsi dentro quell’insieme di epistolari, scelti da Emanuele Trevi. Il titolo, fin dalla prima presentazione pubblica a Gubbio qualche settimana fa, è La mente da sola. Mosaico di lettere, scelto dallo stesso Ronconi. Titolo che dà subito anche l’idea del percorso, dentro un territorio che è un vero puzzle, che ogni attore (e ogni spettatore) può ricomporre a suo piacere. Scoprendo grazie ala teatro una sorta di alchimia unifica in scena, in un’unica voce e un unico corpo, mittente e destinatario di quella stessa lettera. A parte lo spettatore che ha tutto il diritto di infilarsi in quella dinamica all’apparenza così privata, e farsela propria.
Gianfranco Capitta
«Alias»
23 settembre 2006