Tosca

Musica:   Giacomo Puccini

Personaggi - Interpreti:
Floria Tosca - Galina Gorchakova
Mario Cavaradossi - Neil Shicoff
Il Barone Scarpia - Ruggero Raimondi
Cesare Angelotti - Luigi Roni
Il Sagrestano - Alfredo Mariotti
Spoletta - Mario Bolognesi
Un Carceriere - Ernesto Panariello

Maestro direttore e concertatore:   Semyon Bychkov
Maestro del coro:   Roberto Gabbiani

Scene:   Margherita Palli
Costumi:   Vera Marzot


Allestimento:   Teatro alla Scala di Milano


Prima rappresentazione
Teatro alla Scala, Milano
04 luglio 1997

Foto / Bozzetti / Video

Le parole di Luca Ronconi

Alla Scala una «Tosca» languida e sensuale


Quel conflitto tra le pulsioni della carne, così forti, determinanti, e la funzione delle istituzioni […]. Tosca e Scarpia sono personaggi contraddittori, divisi fra bigottismo e sensualità, fra eros e legge. Anzi la legge delle leggi: i Dieci comandamenti. Una lacerazione che ha accompagnato tutta la storia della Chiesa cattolica, creando spaventosi sensi di colpa ma anche grandi pulsioni erotiche. Adesso, abolito il peccato, s’è spenta anche la voglia di trasgredire che ne faceva parte.
Ma perché mai Puccini […] fu così attratto da questa vicenda?
Credo proprio per quella sensualità dilagante […]. E inoltre per lo spirito fortemente anticlericale che la pervade, tanto in voga a inizio secolo.
Intervista di Giuseppina Manin
«Corriere della Sera»
24 giugno 1997

Le ossessioni di Tosca fra eros e torture


[L’]ossessione erotica […] è qualcosa che va oltre la semplice pulsione, è il vero motore degli avvenimenti [in Tosca]. Qui nell’amore c’è poco lirismo e molta concretezza. Ed è interessante proprio […] la commistione […] tra questa ossessione e il clima dominante di repressione sessuale. Tosca e Scarpia, pur antagonisti, sono entrambi bigotti e sensuali. Di sicuro era questo il tema che interessava a Puccini. Di conseguenza, in Tosca c’è una fortissima impronta anticlericale, che appartiene forse più all’epoca che alla persona del compositore.
Intervista di Manuela Campari
«La Repubblica»
4 luglio 1997

Rassegna Stampa


Così Tosca eroina bigotta accende l’eros di Scarpia

I bozzetti di Margherita Palli sono di per sé un ‘opera d’arte splendidamente realizzata: un caos di false prospettive di monumenti barocchi, sghembe, anamorfiche. Si gode nel vedere ricordato il grande Fabrizio Clerici. L’effetto è grandioso, sebbene incongruo nel caso dello studio di Scarpia […]. Sulla funzionalità drammatica dell’ambientazione si giurerebbe meno per i primi due atti, si giura volentieri per il Castel sant’Angelo da incubo […]. Il punto è che la funzionalità drammatica è compito di regista. In questo caso […] si limita a imitare sciattamente le convenzioni obbligatorir in luoghi come l’Arena di Verona […]. Il segno personale […] è da lui fornito con l’originalissima idea di spostare la vicenda all’epoca umbertina […].
Paolo Isotta
«Corriere della Sera»
6 luglio 1997

La nuova «Tosca» piena di intrighi

E non un nobile, non un borghese in quel Te Deum propiziatorio […] ma mendicanti cenciosi, deformi scrofolosi (e comunque scarsissima affluenza di pubblico tra tanto clero). Ronconi non ama i papalini e non ama Scarpia, lo mostra anzi nei suoi aspetti più tetri, […] la fucilazione di Cavaradossi si svolge sbrigativamente, come cosa clandestina […]. Splendida recitazione […].
Michelangelo Zurletti
«La Repubblica»
6 luglio 1997

«Tosca» ironica distratta e poco erotica

[…] tre quadri impressionanti, bizzarramente illusionistici, molto centrati sulla modernità dell’opera. […] Come l’attimo di un terremoto, fissato in fotografia. L’effetto è deliziosamente ironico ma anche criticamente significativo perché rende visibili le spezzature […], il frammentismo di una partitura moderna […]. La recitazione imposta da Ronconi è sobria e realistica; il regista non lavora troppo sugli attori, ma lascia spazio alla loro iniziativa personale.
Paolo Gallarati
«La Stampa»
6 luglio 1997

Pubblico diviso in due per la «Tosca» scaligera

[…] l’aspetto determinante era la concezione delle scene, che contribuiva in modo decisivo a conciliare una chiave di lettura originale con il rispetto dell’ambientazione voluta dall’autore. Ronconi […] evita ogni banale naturalismo […] la recitazione resta tradizionale, anche perché non c’è stato probabilmente il tempo necessario per un lavoro approfondito sui cantanti.
Paolo Petazzi
«L'Unità»
6 luglio 1997

Opera, pubblico “traditore”?

Dello spettacolo rigoroso del team Ronconi-Palli-Marzot colpisce la raffaellesca compressione dello spazio, che obbliga a micromovimenti, a luci esattissime, esemplate su tutto meravigliosamente nella processione per il «Te Deum» che sembra un calco dalle «Stanze» della Sistina.
Carla Moreni
«Avvenire»
6 luglio 1997

«Tosca», non lucevan le stelle

Prima della fucilazione, un prete cerca di portare i conforti religiosi a Cavaradossi, ma uno sbirro lo trattiene: veniva da pensare al frate interpretato da Alberto Sordi nel film Nell’anno del Signore.
Alfredo Gasponi
«Il Messaggero»
6 luglio 1997

«Tosca»: in volo sul mondo che fugge

Da un punto di vista visivo l’armonia della scena è bellissima; dal punto di vista del significato drammatico, è inquietante. Per una cosa di questo genere è chiaro che il regista non può essere che Luca Ronconi. Il quale ha disciplinato bene anche la recitazione dei cantanti, facendoli sentire volutamente a disagio in quel mondo che fugge e che rimane in qualche modo ingiustamente ancora una volta in piedi. E nel II atto quando Scarpia […] è nel suo palazzo, tra avanzi di elementi ecclesiastici, o quando il pittore viene fucilato […], ancora con qualche elemento di chiesa […], il discorso si manifesta con una grandissima coerenza.
Lorenzo Arruga
«QN»
6 luglio 1997

L’inconsueta «Tosca» di Ronconi

[…] uno spettacolo non perfettamente riuscito, ma ricco di stimoli, poiché offriva […] una lettura inconsueta e plausibile […], portando in primo piano l’ambientazione romana e lo sfondo storico del 1800; operazione che trova piena legittimità nella stessa musica di Puccini, dove lo sforzo di ambientazione è nettissimo. […] La Roma bigotta e papalina, cinica e lussuriosa rimane in scena dal principio alla fine […]. Non per questo manca il gioco scenico, che è improntato a un realismo solo apparentemente contraddittorio e in realtà misuratissimo.
Arrigo Quattrocchi
«Il Manifesto»
23 luglio 1997