Tanta plastica, poche note
Per tutta la durata dello spettacolo, chi tenti di ricostruire dentro di sé la trama di quest’opera già complicata ed insolita […], si trova preda delle vertigini, fra nastri che si srotolano scoprendo scenari da figurine Liebig, macchine rotanti, cavalli immobili che portano a Bagdad, vasche da bagno spacciate per navi, statue di Carlomagno alte tutto il teatro, ingombri e arredi scenici che distruggono qualsiasi comprensibilità del divenire drammatico […].
[…] In mezzo alle [sic] gags, all’avanspettacolo e alle sguaiataggini di questo Oberon (la scena dei pirati pareva tolta di peso dai varietà di Canale 5), non solo la rara creatura di Weber diveniva incomprensibile, ma tutto il senso di elevazione, di sublimità e di mistero che il compositore sperava […] è rimasto sepolto sotto plastica e risate.
Francesco Maria Colombo
«Avvenire»
28 gennaio 1989
Oberon re oltraggiato
Che cosa resti della magica fiaba […], una volta passata al tritacarne di Luca Ronconi, è difficile misurare. Direi una farsa goliardica, più Biberon che Oberon, ma con pretese astute e culte, che si rivelano in citazioni delle scene originali, e nelle allusioni post-modern che s’infilano tra i gadgets, e le freddure di un repertorio Kitsch […] Alla conosciuta nevrosi psicomotoria che lo divora, il regista aggiunge un’allarmante sindrome d’aspirante spedizioniere: si sussulta in un cronico, rumoroso trasloco […].
Piero Buscaroli
«Il Giornale»
28 gennaio 1989
Oberon il fedelissimo
[…] il geniale allestimento di Ronconi […] ricrea, attorno agli stupendi frammenti musicali, una cornice di visioni, di immagini, di invenzioni in cui la fiaba […] ritrova tutta la sua vitalità.
[…] Il gioco, insomma, è quello del teatro, tipico di Ronconi, ma anche di quel romanticismo che, all’inizio dell’Ottocento, nasceva sotto l’egida dei racconti fantastici di Hoffmann e del sarcastico umorismo di Heinrich Heine.
Rubens Tedeschi
«L'Unità»
28 gennaio 1989
Tormentato nel privato ma gioioso tra le note
La regìa era di Ronconi, a cui finalmente si offriva un testo assai disponibile a capricci e licenze, e che di questo approfittò con garbo e fantasia quanto mai dilettevole: perfino la sua perigliosa inclinazione alle scene perpetuamente semoventi trovò qui modo di sfogarsi senza danni, anzi felicemente.
Fedele d'Amico
«L'Espresso»
20 febbraio 1989