Dopo Der Fliegende Hollander e Tannhäuser, Lohengrin conclude la cosiddetta trilogia romantica wagneriana. Siamo nel 1848, anno cruciale per l'Europa e per Wagner, che proprio in quel periodo comincia a stendere la Tetralogia…
Certo lo spessore che ha il testo teatrale della Tetralogia è maggiore, il modo in cui gli elementi leggendari sono coniugati con gli spunti filosofici nel Ring è più approfondito e meglio riuscito; nel Lohengrin Wagner è ancora un drammaturgo nel solco della tradizione. Per esempio: nella Tetralogia non esiste il tema storico, mentre qui è un elemento importante di gusto tipicamente romantico, ma storia e leggenda faticano in qualche modo a trovare un rapporto coerente. Così, nel momento di mettere in scena Lohengrin, il dover conciliare un fatto storico, la vittoria di Re Enrico l'Uccellatore sugli Ungari, con un evento soprannaturale e un personaggio come Lohengrin risulta quasi "sbalzante". Cosa emerge infatti dal testo? Che un popolo, che deve correre a battaglia, elegge come suo paladino e suo vessillo un eroe di ascendenza divina; questo eroe, poi, si dilegua: la guerra si fa lo stesso senza quella protezione e quell'avallo divini, una guerra come tutte le altre, senza purissimi eroi dalla bianca armatura. Certo, questo elemento "storico" non è la linea fondamentale dell'opera, però esso denota quello spirito nazionalistico, quel germanesimo, che sono ben presenti nel Lohengrin, mentre nella Tetralogia la celebrazione del germanesimo è riassorbita in termini filosofici. Forse il Ring è ancora più "tedesco" di Lohengrin, ma là è la filosofia, la cultura germanica che viene magnificata, mentre qui è ancora la storia tedesca.
Quale Lohengrin, dunque, vedremo?
Abbiamo detto che è un'opera romantica e dunque la domanda da porsi è che tipo di romanticismo proponiamo. Ovviamente è impensabile oggi proporne una visione oleografica; dobbiamo ricercare che cos'è che rende "romantica" quest'opera. Per esempio, il tema del sogno, così fondamentale per Elsa, o il tema del divieto d'amore, così tipico in Wagner. Così punteremo su questi temi. Un romanticismo, dunque, più di concetti che di immagini. Infatti una connotazione medievaleggiante mi sarebbe parsa ispirata a uno spirito nostalgico nei confronti di un modo di fare teatro di cinquanta o cento anni fa: e nel Lohengrin non c'è niente di nostalgico. Il rischio sarebbe stato quello di fare un Lohengrin "d'epoca", più che romantico. Quindi abbiamo scelto una figuratività contemporanea, o meglio fra atemporale e contemporanea: ciò che ci premeva sottolineare era l'estraneità del personaggio di Lohengrin rispetto all'evento storico. Pertanto l'eroe sarà vestito secondo l'iconografia tradizionale: e per "leggere" quell'estraneità era necessario che gli altri avessero abiti più simili ai nostri, per marcare meglio lo stacco fra il protagonista leggendario e altre figure, fra il mondo fantastico e quello reale.
E questo vale anche per Elsa?
No, vale soprattutto per Lohengrin contrapposto al mondo brabantino. Elsa viene presentata in uno spazio suo, chiuso, isolato da tutto il resto, che in qualche modo raffigura l'isolamento del suo sogno: una visione che prosciuga gli orpelli esteriori per riassumere la simbologia romantica dell'opera in pochi elementi essenziali. Niente paura, comunque, il cigno ci sarà, e ci sarà la trasformazione del cigno in Goffredo… E del resto l'alterità di Lohengrin rispetto al mondo che lo circonda è anche ciò che giustifica la strana calamita amorosa che lega Elsa all'eroe.
Veniamo al tema del divieto d'amore...
Questo è forse l'elemento più profondo dell'opera che mi sembra non nascondere quel vago filisteismo che percorre poi tutta l'opera di Wagner. È stato detto che quel divieto d'amore simboleggi in qualche modo un rapporto coniugale borghese: non si deve sapere... non si deve guardare l'amore in faccia. È un tema che ha, come è noto, infinite ascendenze mitologiche, basta pensare ad Amore e Psiche. A questo divieto si oppone un personaggio così umano come quello di Elsa. Per quanto nella sua decisione di domandare il nome dell'amato sia subordinata da Ortrud, Elsa mostra di voler veramente e fino in fondo guardare l'amore in faccia. Non è spinta da curiosità, ma dalla necessità di sapere: e questa è una grande innovazione nel mito. Il voler sapere se ci possa essere un "vero" amore senza sospetti e senza infingimenti è un momento stupendo musicalmente e drammaticamente.
E gli altri personaggi?
Se c'è un personaggio tragico in senso classico nel Lohengrin è Friedrich von Telramund, che è portato inconsapevolmente e in buona fede alla rovina, tradito dal legame di natura demoniaca che lo stringe a Ortrud. Ortrud è il personaggio in cui rivive l'eco degli antichi dei germanici e verso cui l'autore inclina con maggiore passionalità. Il gusto di Wagner sembra andare infatti verso Elsa e Lohengrin, le sue viscere verso Ortrud: quella Ortrud che ha le radici germaniche più profonde, che invoca le divinità ancestrali della stirpe. Lohengrin canta pagine bellissime, ma la sua figura rimane abbastanza nebulosa, forse necessariamente per creare mistero sul suo nome, ma la rivelazione della sua genealogia non serve a diradare la nebbia: e noi continuiamo a chiederci chi sia.
Che cosa vedranno, dunque, gli spettatori di questo Lohengrin?
Uno spettacolo piuttosto asciutto, dove nello spazio vuoto del palcoscenico si creeranno altri spazi interni che si modificano a seconda delle necessità. Tutto sarà appena indicativo: il fiume, ad esempio, sarà segnato da una passerella di metallo che brilla appena. Quindi una visione da cui viene "sottratto" tutto ciò che non è necessariamente indispensabile. Il primo atto presenterà una atmosfera biancoazzurrina, nebbiosa, per rendere il carattere del sogno di Elsa; il secondo atto sarà completamente nero; il terzo si svolge nella camera nuziale, una sorta di scatola completamente vuota.
E i presunti significati politici del finale?
Se c'è un significato profondo nel finale del Lohengrin mi pare questo: che il protagonista non è più l'eroe guerriero invocato dal popolo, che ad Anversa tutto ritorna a una dimensione umana e i brabantini vanno a combattere la loro guerra senza aiuti divini sancendo così l'impossibilità del divino di mescolarsi con l'umano. Ma forse questa è una nostra interpretazione, più che l'intenzione di Wagner. Ed è inevitabile che noi oggi la rappresentiamo dal punto di vista dell'umano e non da quello del divino.