Senza Lodoïska e Le due giornate di Cherubini forse non avremmo mai avuto il Fidelio di Beethoven: e già questa benemerenza basta e avanza per assicurare loro un posto di tutto rispetto in ogni libro di storia della musica. Ma ogni tanto è bene rifare una visitina al teatro musicale di Cherubini nel vivo della rappresentazione; benissimo poi se l’allestimento, come questo (...) è di qualità suprema per la fusione di direzione, regia, canto e recitazione. L’edizione diretta da Riccardo Muti e Luca Ronconi parte dalla fedeltà più scrupolosa alla comédie héroique che nel luglio 1791 conquistò il pubblico parigino del teatro Feydeau: cioè lingua originale e sopra tutto rispetto delle parti dialogate, conservate quasi per intero, in modo da restituire quel ritmo alternato fra musica e commedia essenziale a comprendere il genere cui Lodoïska appartiene.
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La storia di Lodoïska […] è scandita da Ronconi secondo i modi leggeri e aerei della fiaba, a lui così congeniali; nelle belle scene di Margherita Palli non manca l’illusione di quelle visioni dall’alto, a volo di uccello, che […] avevano segnato così bene l’avventurosità dello Zar Saltan di Rimskij: la scena finale, in mezzo all’incendio, con i due giovani che volano dal ponte rallentati da un invisibile paracadute, è un pezzo di bravura […]. Ma anche Ronconi […] dà alla vena comica di Cherubini il suo vero tono aggricciante, percepibile soprattutto nel II atto: l’episodio, buffo sulla carta, dei tre emissari che devono avvelenare i nostri eroi, sapeva di Offenbach per l’ironia diaccia, e la chanson à boire cantata da cinque lividi personaggi schierati in riga annullava la spensierataggine in qualcosa di sinistro.
Giorgio Pestelli
«La Stampa»
24 febbraio 1991
Ma Lodoïska ha trovato anche uno straordinario spettacolo. La scena prospettica e ardita di Margherita Palli ha preparato, con i costumi di Vera Marzot, un campo d’azione esemplare a Luca Ronconi, che s’è limitato a raccontare la storia. Ma con gesti perentori, scelte espressive di notevole impatto drammatico e visivo, ironia soffusa. Tant’è che il racconto ha perfino immagazzinato una catturante dose di compiaciuta credibilità rappresentativa, mantenendosi a un livello costante di struggente bellezza e visionaria teatralità.
Angelo Foletto
«La Repubblica»
24 febbraio 1991
Grandi torri e ponti stilizzati vanno e vengono orizzontalmente sul grande palcoscenico della Scala. Su questi ponti e torri – ancorati con cavi d’acciaio o con imbragature da paracadutisti a carrelli mobili, dando la sensazione a chi guarda di camminare in verticale – si muovono tartari e soldati che combattono tra loro per la bella Lodoïska, principessa prigioniera del crudele barone Durlinski. E mentre si incrociano le spade, ecco approssimarsi dalle quinte di proscenio l’incendio – fiamme rosso fuoco simili a strani cespugli – che renderà possibile la liberazione della ragazza. Tutto si muove nella Lodoïska secondo Ronconi, in omaggio non solo alla simulazione dell’azione cara a questo regista, ma anche in sintonia con il ‘movimento’ della musica di Cherubini e con quello drammaturgico del libretto. ‘È come – spiega – se tutto fosse visto non dal punto di vista abituale, quello frontale, del pubblico, ma da quello dei personaggi della vicenda. Il punto di vista, dunque, da cui guardare l’azione varia di volta in volta ed è in qualche modo eccentrico’. Eppure, malgrado questa inversione prospettica, lo spettacolo non proporrà dell’opera una visione fiabesca e soprannaturale. ‘Il fiabesco e il soprannaturale – dice Ronconi – non c’entrano nulla con questo lavoro, che non è una fiaba, ma un racconto d’avventure che si concluderà con il lieto fine tipico delle cosiddette opere di salvataggio. In questo caso a essere salvata e resa al suo innamorato è lei, Lodoïska. E io mi sono fatto il punto d’onore di rimanere fedele allo spirito del racconto che il librettista Fillette-Loreaux ha tratto dal romanzo di de Caudray’. Lodoïska è stata composta nel 1791, ma l’esperienza traumatica della rivoluzione francese è. secondo Ronconi, difficilmente rintracciabile al suo interno. ‘Mi sono chiesto – dice – in che misura il tempo storico si rifletta in questo libretto. E ho trovato che, perlomeno a livello drammaturgico, quest’incidenza è piuttosto sbiadita. Non basta, infatti, vedere un tiranno punito per sostenere che ci troviamo di fronte a un’opera rivoluzionaria. L’ho guardata, allora, come una figlia della cultura teatrale del suo tempo, senza enfatizzare ma cercando una compattezza e di mediare fra la qualità drammaturgica non eccelsa del libretto e la nobiltà della musica di Cherubini, senza vederci a tutti i costi un sovrasenso che non c’è.
Maria Grazia Gregori
«L’Unità»
22 febbraio 1991
Nella ripresa estiva al Ravenna Festival la compressione scenografica ha favorito un’esaltazione e una condensazione spettacolare. Perlomeno fino alla scena conclusiva, il racconto fantastico e prospetticamente illusionistico è parso addirittura migliorato. Sistemata su un palcoscenico meno profondo, più a ridosso della ribalta, la scenografia di Margherita Palli e la narrazione elegantemente divertita di Luca Ronconi hanno guadagnato un nuovo ritmo di immagini, un’accentuazione dell’elemento surreale e magico di questo allestimento stupefacente per fantasia e avventurosità scenica. L’acustica più raccolta, unita all’emozionante tensione impressa dall’interpretazione di Muti, ha naturalmente favorito la lettura musicale e la riflessione sulla vera natura di quest’opera.
Angelo Foletto
«La Repubblica»
14 luglio 1991
Muti ridà la gloria a Cherubini
La regìa di Luca Ronconi ha evitato di fare di Lodoïska un’anticipazione di Fidelio […]. Egli ha inteso quest’opera come la confluenza di tanti momenti e per questa ragione la struttura scenica accosta elementi settecenteschi, neoclassici e romantici. La regìa mescola il dramma di sentimenti con il romanzo d’avventure […] ha fatto del barone polacco Durliski […] un conte Dracula […].
Duilio Courir
«Corriere della Sera»
24 febbraio 1991
Cherubini, gelido e sublime
In questo sublime gelo, unito alla assoluta perfezione del segno e della scrittura, sta il suo vero mondo […]: quel mondo meraviglioso che, a torto o a ragione, sembra aver poco da comunicarci.
Proprio questa, se non erro, è la chiave del geniale allestimento ideato da Luca Ronconi […]. Sono immagini da lasciare a bocca aperta: non soltanto bellissime e ricche di sottili ironie, ma perfette nel rispecchiare la contraddizione dell’arte di Cherubini, tutta governata dall’intelligenza e dal calcolo, vertiginosamente costruita sul vuoto del cuore.
Rubens Tedeschi
«L'Unità»
24 febbraio 1991