L’incoronazione di Poppea

Musica:   Claudio Monteverdi

Personaggi - Interpreti:
Fortuna/Valletto - Anna Bonitatibus
Virtù/Damigella - Gemma Bertagnolli
Nerone - Sarah Connolly
Ottavia - Monica Bacelli
Ottone - Sara Mingardo
Seneca - Giorgio Surian
Drusilla - Laura Cherici
Liberto/Soldato - Romano Emili
Mercurio - Luciano Leoni

Maestro direttore e concertatore:   Ivor Bolton

Scene:   Margherita Palli
Costumi:   Vera Marzot
Luci:   Guido Levi


Allestimento:   Maggio Musicale Fiorentino


Prima rappresentazione
Teatro Comunale, Firenze
21 maggio 2000

Foto / Bozzetti / Video

Le parole di Luca Ronconi

L'onnipotenza erotica di Nerone e Poppea


Da Caracalla all'Altare della Patria Roma rimane se stessa. Nessuna nostalgia di una visione alla Piranesi, ma l'idea di una Roma confusa e straniante com'è oggi. Mangiare un hamburger al chiosco sotto al Colosseo, la storia senza soluzione di continuità, la quotidianità che divora le vestigia del passato, un contatto che fa impressione! E sopravviveranno sempre dei tipi romani: il politico corrotto e istrione come Nerone, la matrona arrampicatrice sociale come Poppea. Nessuna attualizzazione Poppea non diventa Claretta Petacci o Monica Lewinski. Mi interessava invece l'eternità dei caratteri raccontati in quest'opera: i soldati disfatti, i comandanti militari divisi tra lealtà e tradimento, il sovrano irresponsabile, le ereditiere sporcaccione.
Nella vicenda convivono tragedia e commedia, non c'è spazio per la morale. Le piace?
Un racconto dominato dall'amoralità che esalta la forza dell'Eros. Nerone e Poppea ogni volta che si vedono devono accoppiarsi, non resistono. Un'onnipotenza erotica che è il filo conduttore di questa regia. Nel Don Giovanni Mozart racconta il decadimento dell'Eros, qui il settantenne Monteverdi ne esalta la potenza.
Intervista di Sandro Cappelletto
«La Stampa»
21 maggio 2000

L'opera? Sesso, traffico, volgarità


Nelle scenografie di Margherita Palli l'urbe antica c'è, sì, ma come la vediamo oggi, in forma di ruderi, e appaiono anche monumenti moderni, come l'altare della Patria. C'è, insomma, una sovrapposizione di epoche; i personaggi principali, ad esempio indossano costumi da antichi romani e lo sdoppiamento dei piani storici mi permette di rappresentare lo straniamento di una città dove il Colosseo immerso nelle auto assomiglia a un gigantesco spartitraffico, dove convivono vestigia e cabine telefoniche; di parlare della contemporaneità senza cadere nella citazione stretta dell'oggi. Alcuni caratteri di questo melodramma esistono infatti ancora: il politico corrotto, la matrona volgare e procace, le fanciulle che utilizzano il sesso come mezzo di scalata sociale, il militare in bilico tra lealtà e tradimento […] L'incoronazione potrebbe essere paragonata al Don Giovanni: solo che Mozart racconta il declino dell'eros; Poppea e Nerone, invece, ogni volta che s'incontrano, si uniscono in un amplesso e l'opera monteverdiana è come un orgasmo inesausto.
Intervista di Fulvio Paloscia
«La Repubblica»
18 maggio 2000

Rassegna Stampa

Ronconi tra Poppea e Trastevere

La regia di Luca Ronconi mescola passato e presente […] La Roma di Ronconi, fantasiosamente costruita da Margherita Palli cin i costumi di Vera Marzot, accosta presso ai cipressi tramendati dall'Orfeo e dall'Ulisse, colonne spezzate, busti e troni marmorei, automobili degli anni Cinquanta e uno scorcio dell'umbertino Altare della Patria. L'ironico miscuglio è in perpetuo movimento: oggetti e personaggi scorrono su piani mobili o spinti a braccia […]. Tra le rovine dell'impero e i resti degli sfascia-carrozze si aggirano le caricature degli Dei (la Virtù come una vecchiaccia zoppa, Veneree come una pin-up nuda, la Fortuna e gli Amori fasciati d'oro) oltre a un gruppo di bulli trasteverini con giubotti in pelle nera, crani pelati o criniti.
Rubens Tedeschi
«L'Unità»
23 maggio 2000

Poppea di Ronconi incorona il Maggio

[...] Il regista non conosce il peccato: la sua trasgressione scenica è coltivata con innocenza, è diventata un gusto. Fin dall'inizio abbiamo chiaro che la romanità attesa sarà non tanto disattesa quanto collocata tangenzialmente rispetto a situazioni visivamente trasgressive. La romanità è esibita in ruderi di colonne, ammassi marmorei, teste posate a terra, ma tutto è inserito nella visibile struttura del palcoscenico moderno, con cartelli di divieti, avvertenze, precauzioni, perfino con cabina telefonica. Automobili in rimessa, pneumatici accatastati, lampade da cinema, carrello mobile. Il Prologo annuncia la dimostrazione della vittoria di Amore sulla Fortuna (vestita di lamé come un'entrâineuse) e la Virtù (una vecchiaccia povera e sciancata). Un documentario, o un film, si preannuncia, steso attraverso i secoli in cui tutto cambia ma non il costume. La corruzione, l'intrigo politico percorrono la storia di Roma dal I secolo a oggi. Il trionfo di Poppea è il trionfo dell'intrigo ma anche dello status symbol, la macchina, il motorino, il visone. Ed è tutta una danza di colonne mozze, sedili, capitelli, citazioni del Vittoriano anch'esso in giostra, statue capovolte. Geniale. E fin qui siamo solo all'involucro di una situazione poi splendidamente risolta in recitazione. Anche con soluzioni ironiche che si aggiungono a quelle di Busenello (Seneca che finisce di predicare e diventa statua, praticabile come ogni statua di Roma: mancano solo i graffitari). Scene realizzate con la consueta fantasia da Margherita Palli, costumi ugualmente pertinenti di Vera Marzot, luci (difficilissime) di Guido Levi.
Michelangelo Zurletti
«La Repubblica»
24 maggio 2000