Fierrabras

Musica:   Franz Schubert

Personaggi - Interpreti:
Eginhard - Rainer Trost
Fierrabras - Stefan Margita
Florinda - Katia Lytting
Brutamonte - Giancarlo Boldrini
Eine Jungfrau - Elisabeth Chard

Maestro direttore e concertatore:   Semyon Bickov
Maestro del coro:   Marco Balderi

Scene:   Margherita Palli
Costumi:   Vera Marzot


Allestimento:   Maggio Musicale Fiorentino


Prima rappresentazione
Teatro Comunale, Firenze
21 giugno 1995

Foto / Bozzetti / Video

Le parole di Luca Ronconi

Trenta giorni con Ronconi


Per Fierrabras di Schubert, Ronconi, come ha spiegato anche a centinaia di persone accorse al teatro Studio di Scandicci dove è avvenuta la presentazione, si è ispirato al movimento artistico dei Nazareni, il gruppo che all'inizio del XIX secolo si ribellò all'accademismo classico aspirando a un rinnovamento dell'arte su basi religiose e patriottiche. Fierrabras, ambientata all'epoca di Carlo Magno, narra la storia di cinque giovani legati da sentimenti d' amore e d' amicizia.
La scommessa è mettere in scena il vuoto della trama. La musica è bellissima anche se non racconta i personaggi dell'opera, che è debole drammaturgicamente. Ed é carica di luoghi comuni, convenzionali, della letteratura, dell'arte figurativa. Bisognava far attenzione a non appesantire il tutto. In più c' era il problema del testo parlato, che abbiamo dovuto tagliare perché eccessivo, ridondante. […] Con un procedimento simile a quello che ho usato nel Viaggio a Reims cerco di rendere una necessità funzionale, capire che cosa si dicono i personaggi, in un fatto spettacolare, anzi il fatto spettacolare dell'opera. La parte letteraria, che di fatto racconta la storia, diventa scenografia dello spettacolo.
Intervista di Paolo Vagheggi
«La Repubblica»
16 maggio 1995

Teatro come sogno: Fierrabras di Schubert


Lei ha dichiarato che cerca sempre, in ogni nuovo allestimento, di rispondere alle speciali richieste dell'occasione per cui lo crea. Che richieste ha individuato per Fierrabras?
La scelta di eseguire Fierrabras qui al Maggio è programmatica, legata al tema del Romanticismo tedesco, quindi l'allestimento è in rapporto non solo con l'opera ma con il tema generale della manifestazione. Ho dovuto tener conto anche del carattere della sala del Comunale, che da un punto di vista figurativo è il contrario di quello che ci si aspetterebbe per la rappresentazione di Fierrabras: infatti quest'opera, anche se mira al grandioso, ha uno spirito che è pur sempre quello schubertiano, abbastanza intimo. In partenza avrei immaginato uno spazio un pochino più raccolto, e quindi ho dovuto mediare fra questa mia idea e uno spazio molto ampio come quello del Comunale. La mia scelta non è stata quella di riempire, tutt'altro, ma di creare un allestimento piuttosto rarefatto.
Tempo fa, lei affermò anche che la scenografia è uno dei pochi segni autonomi del regista nel teatro d'opera.
E' proprio così. Molto spesso si dà il carattere della messa in scena di uno spettacolo attraverso i segni scenografici, che sono i più immediati, evidenti, e anche i più aggressivi. Con Margherita Palli, con cui da parecchi anni collaboro strettamente, ho in comune il desiderio di fare delle scelte pertinenti - come si diceva prima - a un'opera, a un momento, a un teatro, eccetera. Questo non sempre è possibile, si è spesso legati; molti, fra l'altro, risolvono un problema di identificazione con il riproporre le proprie soluzioni, magari eccellenti, di spettacolo in spettacolo, di regista in regista e di teatro in teatro. A me viceversa, come si sa, piace cambiare.
Ma fra i due spettacoli che ha allestito al Maggio di quest'anno, Fierrabras appunto e Sturm und Drang di Klinger, non c'è qualche affinità?
Diciamo che partono dallo stesso principio scenografico: nel Fierrabras si vedono in scena delle cornici vuote, per lo Sturm und Drang dei manifesti pubblicitari. Il punto di riferimento è simile, però il tipo di figuratività è totalmente differente
Intervista di Sergio Sablich
«Airone»
n. 2, 1995

Rassegna Stampa

Fierrabras il paladino dei grandi sentimenti

"La musica di Fierrabras è bellissima e con questa regia è una cosa meravigliosa", ribadisce il direttore Bychkov. […] Ma sulla scena come avete risolto Fierrabras? "Non è una produzione realistica. C' è un sottile, leggero realismo con costumi dell' epoca e una scenografia astratta ma bellissima, molto chiara, molto semplice". Sembra piuttosto felice dell' incontro con Luca Ronconi. "E' un grande artista con una sensibilità straordinaria, capace di trovare un perfetto equilibrio tra la musica e la scena. La musica per lui è l'aspetto principale. Con le nuove produzioni c'è sempre un pericolo: può diventare uno show per il direttore, o per il regista, o per lo scenografo, o per il cantante. Ma con Ronconi, con tutta l'équipe, a cominciare dal coro, che è molto importante in Fierrabras, non è avvenuto".
Paolo Vagheggi
«La Repubblica»
20 giugno 1995

I cavalier, l'armi, gli amori

I frammenti dell'azione vengono incorniciati da vaste quinte nude, che aprendosi e chiudendosi ci mostrano di volta in volta la corte di Carlomagno con i paladini candidi, quella del Re moro, barbaramente purpurea gli scorci delle battaglie, i destrieri al galoppo attraverso le pareti, i quadri preraffaeliti delle damigelle canore, i colloqui notturni e via via in una serie di illuminazioni corrispondenti alla richezza e all'eleganza della fantasia schubertiana. […] Ronconi ne restituisce con gli oggetti e i movimenti essenziali l'allusione tanto affascinante quanto intelligente.
Rubens Tedeschi
«L'Unità»
23 giugno 1995

Schubert, idillio tra i Mori

A Luca Ronconi, Margherita Palli e Vera Marzot dobbiamo uno spettacolo di esemplare eleganza e sobrieta' , ritmato sui tempi della musica (il quadro della battaglia osservata da Florinda in quasi totale staticita', con i corpi feriti a mezz' aria e le cornici nere che affacciano la propria angoscia all'eroina, resta memorabile) e privo di gratuite sovrapposizioni (ma al posto del Medioevo troviamo un de' cor Biedermeier). Una compagnia di canto piuttosto omogenea, con qualche ottimo interprete come Jorma Hynninen e Katia Lytting, ha garantito una resa disciplinata della vocalita' schubertiana. E Semyon Bychkov, il grande giovane direttore che non e' nato a Leningrado come denuncia, ma, per lo stile con il quale dirige Fierrabras, a Heiligenstadt o a Salisburgo, offre una lettura di una morbidezza, di un' inflessione amorosa cosi' sensibile senz'essere esangue, cosi' delicata nella sua fierezza, da toccare quel punto segretissimo dell' animo di Schubert dove l'espressione celestiale diviene struggimento, nostalgia.
Francesco Colombo
«Corriere della Sera»
24 giugno 1995

La fiaba che Schubert non vide mai in scena

La vicenda è raccontata come una fiaba e tale l'ha interpretata Ronconi, alludendo alla tenerezza con cui si guardava nel primo Ottocento alle vicende del Medio Evo lontano. I costumi di Vera Marzot sono in parte ottocenteschi, in parte antichi, i colori chiari e sfumati, tranne i rossi squillanti dei mori; le scene di Margherita Palli sono divise da cornici bianche in grandi riquadri […] insomma il gioco allusivo alla finzione del palcoscenico mi pare perfettamente centrato e consono alla sovrana ingenuità (o smaliziata consapevolezza?) con cui Schubert affrontava il teatro...
Paolo Gallarati
«La Stampa»
26 giugno 1995