Dai lati del palcoscenico pezzi di scenografia sorgono come per incanto o per memoria.
E' il mondo magico. Buio non perché vuole evocare l'oscurità irrazionale contro la luce della ragione, ma perché la magia è il vuoto rispetto a un'apparenza di concretezza. La scena allora, che è anche un concetto e non solo una decorazione, è come una scatola nera rivestita da oggetti apparentemente reali e storicamente definiti. Ma in quest'opera non si può fare una separazione tra finzione e realtà perché è tutto illusorio.
Cosa l'ha attratta di più in quest'opera dal punto di vista registico, il meraviglioso barocco?
Di barocco in quest'opera non c'è nulla anche perché il barocco sta a Rossini come il diavolo all'acqua santa. Se c'è un occhio disincantato è quello di Rossini, mentre il teatro barocco punta all'identificazione dello spettatore con il meraviglioso. La grande modernità dell'operazione di Rossini è molto vicina al disincanto della nostra epoca.
Una maga, una donna che irretisce, giardini d'amore fantastici che sottraggono l'uomo l suo dovere. Sempre queste figure femminili portatrici di perdizione…
Mica è vero. Intanto non è chiaro qui chi irretisce e chi resta irretito. In secondo luogo Armida è una donna che cerca di affrancarsi all'autorità dello zio che la costringe a far innamorare i crociati. E la sua ribellione all'autorità avviene proprio attraverso la trasgressione d'amore. Rinaldo, invece, alla fine rientra nei ranghi. Non si affranca. Il più moderno, il più libero è personaggio femminile. Quasi assediato dagli uomini. Ma uomini incorporei, come i tenori rossiniani. In quest'opera ci sono sei tenori e un solo soprano dalla voce molto scura. Non è certamente un caso.
Allora Armida è un'esponente di quella lunga serie di eroiane alle quali nel romanticismo verrà affidata la lotta contro l'autorità, la ricerca di una più profonda adesione a se stessi?
Il collegamento non è incongruo, ma attenzione la situazione non è interpretata in modo romantico.
Che cos'è per lei il romanticismo?
Se penso al romanticismo mi viene in mente qualcosa di molto disordinato, anzi il compiacimento del disordine, perché nel disordine c'è qualcosa di positivo, nel compiacimento mai. D'altra parte i veri romantici sono quelli che non sanno di esserlo.
Lei ha curato la regia di molte opere di Rossini […] quale la attrae di più?
Con Rossini non si può scegliere perché ogni opera è radicalmente diversa, drammaturgicamente parlando dalle altre […] molto attraente è affrontare lavori quasi sconosciuti come fu per Il viaggio a Reims, per Ricciardo e Zoraide o per questa Armida. Si possono scoprire chiavi molto interessanti, sorprendenti. Nell'Armida, ad esempio, mi è saltato agli occhi proprio questo tema dell'affrancamento dall'autorità.
E' una lettura psicanalitica?
Non direttamente, ma chi conosce questa lettura può certamente riconoscerla.
[…]
Che relazione c'è nella sua regia tra la musica e quello che si vede in scena?
A me non piacciono quei tipi di regie petulantemente descrittive della musica, mi sembra un esercizio scolastico, sto attento invece al rapporto generale della musica, alla sua coincidenza col testo o al suo scarto o scontro, persino rispetto al testo. Nell'Armida mi delizia l'ingenuità del testo e questo sguardo musicalmente dissacrante. Che so, c'è la scena di un funerale, in cui tutti sono mesti, poi compare questa maliarda e tutti diventano come degli assatanati e la musica assume un ritmo quasi bellico. Un piacevole esempio di distacco rossiniano.