L’idea drammaturgica di partenza è […] quella della non linearità del tempo, della sua natura relativa. L’essenza del tempo è da ritrovare allora nel concetto di sovrapposizione, di ritorno parallelo. Tutto ciò che è, è già stato e sarà. […] Il Prologo […] è ambientato ai giorni nostri, e non in un Settecento più o meno stilizzato, come vorrebbe la didascalia. Quando poi si apre il sipario sull’Opera vediamo a un tempo quello che è stato in un “prima”, in un passato mitologico, cioè una “vera” Ariadne e un “vero” Bacchus, che agiscono in un tempo oggettivo, “storico”, e simultaneamente ritroviamo Ariadne e Bacchus dell’“ora” in un tempo “altro”, quello della rappresentazione. Non si tratta quindi di limitarsi all’usuale schema drammaturgico del “teatro nel teatro” e alle sue convenzionalità […]. È un modo per cercare di rileggere l’invenzione di Hofmannsthal-Strauss in termini di coerenza poetica e culturale con il clima e l’ambiente della Viena del 1916, ma con occhi di oggi. […] Alla fine tutto sparisce: […] rimangono solo Ariadne e Bacchus. […] Si vedrà una duplicazione di luoghi, e una duplicazione di Ariadne e Bacchus che contemporaneamente sono e sono rappresentati. Ho in mente una nitida caratterizzazione di controfigure, di doppi. […] Zerbinetta […] non è solo un personaggio comico: ha dei risvolti anche molto misteriosi. Su di essa aleggia il tema del doppio: la maschera diviene allora segno della duplicità, e non solo elemento fisico […] del travestimento. […] Il Prologo si svolge sul palcoscenico della Scala così com’è, puro elemento fisico, nudo, con alcuni paraventi che fungono da camerini. […] In scena vediamo alcuni elementi che poi ritroveremo nell’Opera. La seconda scena è invece completamente diversa: una vera isola del Mediterraneo, non la costruzione scenografica in casa del facoltoso viennese. Dalla finzione semplice e lineare del “teatro nel teatro” si passa a un piano spazio-temporale parallelo, in cui sono volutamente evidenziati i tratti naturalistici, l’isola di Ariadne […] si mostra perfettamente circolare, girando su se stessa, rivelando che dietro è esattamente come davanti. In questo modo dichiara la propria essenza anti-scenografica. […] L’isola […] vuole quindi creare l’illusione […] di un luogo “vero”. Per rientrare nel clima mitologico evocato dal libretto ma in quello culturale degli autori, mi sono ispirato a un celeberrimo dipinto di Böcklin, L’isola dei morti. […] Quanto all’ironia, essa caratterizza lo sguardo dell’autore, e di ciascuno di noi quando è spettatore, ma non i personaggi.