Sollecitato dal Teatro Comunale di Ferrara ad affrontare l’antico caposaldo letterario della civiltà occidentale, Ronconi si è rivolto piuttosto a Itaca, la controversa riscrittura della seconda parte del poema omerico operata da Botho Strauss, scegliendo però di accostarvi con L’antro delle ninfe un frammento dell’opera originale e insieme il suo commento. I due lavori sono complementari, per quanto formalmente autonomi. In realtà compenetrati nel tempo e nello spazio, andando in scena contemporaneamente, l’uno a fianco dell’altro. E unificati anche dalla presenza di alcuni interpreti in comune, nel numeroso gruppo di allievi del regista cui si affiancano attori professionisti usciti dalla stessa scuola. […] Emerge nel lavoro di Ronconi il sentimento della vecchiaia dell’eroe, che promana dal testo di Botho Strauss. E che si trasmette ai giovani interpreti. Come una stanhezza, o una mancanza di vita, quasi che vivessero solo nel suo sguardo, o nel suo doppio sogno. E rende meno feroce la parabola.
Gianni Manzella
« Il Manifesto»
11 settembre 2007
È curioso, assistendo ad uno degli eventi, sentire le voci e i rumori dell’altro che filtrano ovattati dal diaframma. E procura emozione l’unico momento di sovrapposizione, di intrusione. Si alza il sipario ferreo, nel diaframma si apre uno squarcio o un occhio, Ulissa passa da una parte all’altra prima di sparire in uno dei riverberi di Strauss. Attenzione q quello che non vedete, a quel che succede altrove, sembra suggeire il regista. Ma ciò che conta è che l’exploit di Ronconi è un doppio volante, dal passo agile. Dove aleggia l’ironia leggera come corrente dell’antro. E dove la robusta freddezza di Strauss viene giocata in atletismo, in un grottesco lieve e pensoso.
Sergio Colomba
«Il Resto del Carlino»
10 settembre 2007
Il ritorno a casa di Ulisse, per Ronconi, è un lungo viaggio che attraversa due spettacoli: uno spostamento nel tempo e nello spazio che è anche un itinerario nel mistero della vita, come se l’avvicinamento a una qualunque Itaca perduta fosse sempre un po’ un allontanamento da se stessi. Alla fine di tanto navigare, forse vi si arriva solo in spirito, dopo aver varcato le porte del regno delle ombre, o vi si arriva troppo tardi, quando colui che vi approda non è più quello che era il giorno in cui è partito. Per confrontare queste ipotesi il regista ha accostato due testi dai toni opposti, Itaca di Botho Strauss, che è una riscrittura moderna dell’Odiessea, e l’Antro delle ninfe, sui versi di Omero mescolati ai commenti del filosofo Porfirio. Non è la prima volta che Ronconi affianca interpretazioni diverse di uno stesso tema, o temi diversi convergenti in un unico disegno intellettuale: la novità è che qui ha montato due allestimenti simultanei e quasi intercomunicanti, al punto che il secondo deve iniziare esattamente trentasei minuti dopo il primo perché gli incastri tra loro vadano a buon fine. […] L’immagine finale è quella dei Feaci che ripartono alla volta di casa. E Ulisse? Riuscirà a tornarvi da vivo, o il suo approdo sarà in quel sonno così simile alla morte? A questo interrogativo il doppio exploit ronconiano non risponde, ma lascia sospeso come un ambiguo suggello all’interno percorso delle due serate. La rinuncia ad offrire solidi appigli, la scelta di addentrarsi su terreni accidentati fanno parte d’altronde di un progetto in cui si esprime il Ronconi più irrequieto e per certi versi più imprevedibile, quello che punta a uno stile quasi spoglio per dare risalto ai contenuti, quello che antepone l’urgenza di un’idea alla sua compiuta elaborazione formale.
Renato Palazzi
«Il Sole 24 ore»
9 settembre 2007