L'Orfeo

Musica:   Luigi Rossi

Personaggi - Interpreti:
Vittoria - Josella Ligi
Augure - Giorgio Lalov
Endimione - Philip Langridge
Euridice - Mariana Nicolesco
Nutrice - Nucci Condò
Orfeo - Martha Senn
Aristeo - Elena Zilio
Sospetto - Edith Martelli
La Vecchia - Maria Grazia Allegri
Gelosia - Rosa Laghezza
Proserpina - Anna Baldasserini
Plutone - Mario Luperi
Caronte - Ernesto Gavazzi

Tre voci femminili interne :   Milena Pauli, Nella Verri, Luciana Rezzadore


Maestro direttore e concertatore al cembalo:   Bruno Rigacci
Realizzazione del basso ed elaborazione strumentale:   Bruno Rigacci
Maestro del coro:   Giulio Bertola


Allestimento:   Teatro alla Scala di Milano


Prima rappresentazione
Teatro alla Scala, Milano
11 giugno 1985


 

Foto / Bozzetti / Video

Le parole di Luca Ronconi

Che mattacchioni, questi dei


Il carattere dell’opera non è né simbolico né allegorico. È piuttosto un intrattenimento, dove si utilizzano tutti i pretesti per fare spettacolo. […] Le vicende sono piacevoli. I personaggi non hanno pretese psicologiche ma agiscono “per canzoni”. […] i cantanti-attori […] belli e bravi. In un’opera come questa, che siano belli è importante.
Intervista di Anna Angelini
«Il Giornale»
2 giugno 1985

Per tutti i numi


E i costi?
Minimi. Sono molto sotto al preventivo. Non voglio rischiare di ripetere le catastrofiche conseguenze che ebbe il primo allestimento […] in Francia, su commissione di Mazarino. L’allestimento, di […] Torelli, risultò talmente costoso che il poveretto finì in galera.
Intervista di Carla Maria Casanova
«Il resto del Carlino»
6 giugno 1985

Orfeo sotto il pergolato


L’importante […], dal mio punto di vista, è darle vita, renderla in qualche modo significante per noi, oggi, nell’ottica di un teatro contemporaneo. Ma niente attualizzazioni, per carità. Infatti l’ho messa in scena facendone una lettura semplice, che punta più sul racconto che sulla macchineria barocca. […] Mi sono ispirato a un clima: figurativamente amo il Seicento ma più dal punto di vista della pittura che da quello teatrale. Quindi nessuna meraviglia a tutti i costi: […] ho cercato di salvare quella tenerezza diffusa che sta al fondo di questa storia d’amore […]. Però, mi spingeva anche qualcos’altro: vedere se, mettendocela tutta, potevamo trasformare un’opera in un’idea di teatro musicale […].
[...]
Questa è un’opera di circostanza, scritta […] per festeggiare una vittoria militare dei francesi. Ho cercato di riprodurre […] questo clima nel prologo che si svolgerà in platea mentre la corte con la regina Anna, Luigi XIV e il cardinale Mazarino sta nel palco reale. Ho pensato, dunque, al palco in cui stanno i potenti come a una città assediata da un assalto, che però verrà respinto.
Intervista di Maria Grazia Gregori
«L'Unità»
11 giugno 1985

Rassegna Stampa


Orfeo torna all’inferno

Musica che Luca Ronconi ha immerso in una finzione scenica mirabilmente librata tra il realistico e l’allusivo, non trascurando le venature ironiche delle quali è screziata la vicenda: il tutto animato da un immaginario barocco di gusto materico, fatto di oggetti citati, come il grande organo svettante, tasteggiato da Orfeo, la raggiera dorata che sorregge l’apparizione di Venere e del suo corteggio, l’onnipresente cupola romana.
Giovanni Carli Ballola
«L'Espresso»
7 luglio 1985

«Orfeo», musica anche per l’occhio con le «macchine» del mago Ronconi

Agile traliccio infiorato che accoglie crinoline e ombrellini dai colori tenui, per una festa nuziale; una possente torre-colonna che alla fine si solleva, col suo paesaggio desolato, per rivelare un inferno simile al cimitero egizio ritratto nella Sphinx mistagoga di Athanasius Kircher: […] immagini, nette e quasi sempre accarezzate o scavate da luce radente, inventate da Ronconi, col corredo rispettivo dei gesti, calcolatissimi, d’ogni personaggio (pestar di piedi per la figura comica di Momo, le attitudini patetiche di Euridice, il volo lieve, su in aria, di Amore, ripreso nelle movenze dalla Vecchia minacciosa giù in basso).
Maurizio Papini
«Il Giornale»
13 giugno 1985

Un Orfeo del ’600 espugna la Scala

La prima scena, con quell’interno di cupola […] che sembra l’interno di una nave sul punto d’affondare o di rovesciarsi, è la metafora di un cammino d’interiorità accidentato e colmo di smarrimento. Ma tutta l’opera, guidata dalla mano di Ronconi, è percorsa da una vibrazione lenta, profonda, intensamente elegiaca, una vibrazione che consacra il barocco ad una limpidezza malinconica […].
Duilio Courir
«Corriere della Sera»
12 giugno 1985