Armida

Musica:   Gioachino Rossini

Personaggi - Interpreti:
Goffredo - Donald Kaasch
Rinaldo - Gregory Kunde
Armida - Renée Fleming
Gernando - Jeffrey Francis
Eustazio - Carlo Bosi
Ubaldo - Iorio Zennaro
Carlo - Bruce Fowler
Astarotte - Sergey Zadvorny

Maestro direttore e concertatore:   Daniele Gatti
Maestro del coro:   Piero Monti

Costumi:   Vera Marzot
Coreografie:   Leda Lojodice




Prima rappresentazione
Palafestival, Pesaro
09 agosto 1993

Foto / Bozzetti / Video

Le parole di Luca Ronconi

La mia crociata con Rossini


Dai lati del palcoscenico pezzi di scenografia sorgono come per incanto o per memoria.
E' il mondo magico. Buio non perché vuole evocare l'oscurità irrazionale contro la luce della ragione, ma perché la magia è il vuoto rispetto a un'apparenza di concretezza. La scena allora, che è anche un concetto e non solo una decorazione, è come una scatola nera rivestita da oggetti apparentemente reali e storicamente definiti. Ma in quest'opera non si può fare una separazione tra finzione e realtà perché è tutto illusorio.
Cosa l'ha attratta di più in quest'opera dal punto di vista registico, il meraviglioso barocco?
Di barocco in quest'opera non c'è nulla anche perché il barocco sta a Rossini come il diavolo all'acqua santa. Se c'è un occhio disincantato è quello di Rossini, mentre il teatro barocco punta all'identificazione dello spettatore con il meraviglioso. La grande modernità dell'operazione di Rossini è molto vicina al disincanto della nostra epoca.
Una maga, una donna che irretisce, giardini d'amore fantastici che sottraggono l'uomo l suo dovere. Sempre queste figure femminili portatrici di perdizione…
Mica è vero. Intanto non è chiaro qui chi irretisce e chi resta irretito. In secondo luogo Armida è una donna che cerca di affrancarsi all'autorità dello zio che la costringe a far innamorare i crociati. E la sua ribellione all'autorità avviene proprio attraverso la trasgressione d'amore. Rinaldo, invece, alla fine rientra nei ranghi. Non si affranca. Il più moderno, il più libero è personaggio femminile. Quasi assediato dagli uomini. Ma uomini incorporei, come i tenori rossiniani. In quest'opera ci sono sei tenori e un solo soprano dalla voce molto scura. Non è certamente un caso.
Allora Armida è un'esponente di quella lunga serie di eroiane alle quali nel romanticismo verrà affidata la lotta contro l'autorità, la ricerca di una più profonda adesione a se stessi?
Il collegamento non è incongruo, ma attenzione la situazione non è interpretata in modo romantico.
Che cos'è per lei il romanticismo?
Se penso al romanticismo mi viene in mente qualcosa di molto disordinato, anzi il compiacimento del disordine, perché nel disordine c'è qualcosa di positivo, nel compiacimento mai. D'altra parte i veri romantici sono quelli che non sanno di esserlo.
Lei ha curato la regia di molte opere di Rossini […] quale la attrae di più?
Con Rossini non si può scegliere perché ogni opera è radicalmente diversa, drammaturgicamente parlando dalle altre […] molto attraente è affrontare lavori quasi sconosciuti come fu per Il viaggio a Reims, per Ricciardo e Zoraide o per questa Armida. Si possono scoprire chiavi molto interessanti, sorprendenti. Nell'Armida, ad esempio, mi è saltato agli occhi proprio questo tema dell'affrancamento dall'autorità.
E' una lettura psicanalitica?
Non direttamente, ma chi conosce questa lettura può certamente riconoscerla. […]
Che relazione c'è nella sua regia tra la musica e quello che si vede in scena?
A me non piacciono quei tipi di regie petulantemente descrittive della musica, mi sembra un esercizio scolastico, sto attento invece al rapporto generale della musica, alla sua coincidenza col testo o al suo scarto o scontro, persino rispetto al testo. Nell'Armida mi delizia l'ingenuità del testo e questo sguardo musicalmente dissacrante. Che so, c'è la scena di un funerale, in cui tutti sono mesti, poi compare questa maliarda e tutti diventano come degli assatanati e la musica assume un ritmo quasi bellico. Un piacevole esempio di distacco rossiniano.
Intervista di Matilde Passa
«L'Unità»
7 agosto 1993

Rassegna Stampa

Gerusalemma stregata dalla maga

Per la regia di quest'opera di soggetto fantastico, liberamente ispirata ad alcuni episodi della "Gerusalemme liberata" […] Ronconi sceglie un taglio poliedrico e affascinante. Una regia controversa ma di indiscutibile valore artistico e di solida tenuta complessiva […]. L' amore di Armida e Rinaldo, gli incantamenti e il magnetismo della maga, il gioco dell' illusione e del disinganno sono interpretati attraverso una vena di sottile ironia che partecipa del macabro e del demoniaco, del grottesco e dell' onirico. […] Gerusalemme e' rappresentata da mura chiare, alte e sgretolate; un vano nero centrale, che nel corso dell' opera si restringe e si allarga a seconda delle circostanze drammaturgiche, delimita il magico campo di Armida. I semplici costumi includono diavoli degni del piu' terrorifico Trionfo della morte.
Cesare Fertonani
«Corriere della Sera»
11 agosto 1993

Disney e Crazy Horse i due mondi di Armida

Ronconi inferisce sulla brutalità sentimentale del finale, lasciando Armida sola, a bussare contro un'alta parete che non si aprirà più: sulla maga si chiude il suo stesso mondo. Il prolungamento radicale e ironico dei gesti rossiniani proposto dallo spettacolo era il dato più filologico dell' Armida pesarese. Il fantastico è un fondale, un semplice tappeto sonoro? Diventa una camera oscura e vuota, popolata da "genii in sembianze di larve" […], che contrasta con i colori solari del mondo reale. La protagonista sarà fasciata in un vestito da sfilata, nero e blu: spicca il pallore lunare del decollété, sfavilla l'oro dei capelli. Quanto al mitico e al fantastico, che aleggia su tutta l' opera, Ronconi li trova sfogliando l' immaginario contemporaneo: il cinema (Marlene Dietrich, Indiana Jones, Fritz Lang, Walt Disney...), la rivista (i balletti da Studio Uno ma con i costumi sado da Crazy Horse) immergendo i quadri in una decolorazione pittoresca metodica controbilanciata dalla febbrile invenzione paradossale, a suo modo toccante e comunque incantatori.
Angelo Foletto
«La Repubblica»
11 agosto 1993

Armida, la vamp hollywoodiana

O prendere o lasciare: non c'è altra scelta dinanzi al geniale allestimento di «Armida» che Luca Ronconi ha ideato per il Rossini Opera Festival […] Convinzione evidente di Ronconi è che Rossini faccia dello spirito anche in un'opera seria […] e che da un atteggiamento fondamentalmente ironico derivi il suo giocare a rimpiattino col dramma e con i sentimenti, dapprima mettendoli a fuoco per travolgerli continuamente con scherzi strumentali e vocali di ogni genere. Ma non è facile rappresentare visivamente l'ironia con cui Rossini tratta il tassesco mito della maga […] Ronconi ha risolto il problema spostando l'azione all'epoca delle guerre coloniali e trasformando Armida in una biondissima diva […] che ammalia le truppe come una maggiorata fisica dello schermo, tutta curve, hollywoodiani sorrisi e, naturalmente, strepitose magie vocali. […] Tutto lo spettacolo […] asseconda l'eterna oscillazione rossiniana tra dramma e gioco […] dove le scene sono composte da frammenti pietrificati: architetture antichissime, azzurre onde marine, scogli a picco sull'acqua tra cui si muovono i personaggi in vestito coloniale, incrociando spade o moschetti a seconda che lo richieda la funzione ironica del gioco rossiniano. E che dire della trovata di far scambiare le maschere tra Armida e il bieco Idraote, in una evidente allusione all'eterno illusionismo dell'incantesimo?
Paolo Gallarati
«La Stampa»
11 agosto 1993