Nomina a Direttore della Biennale Teatro (tre edizioni 1974-1975-1976)

«Nel 1974 Ronconi aveva voluto a Venezia gli Autosacramentales di Calderón con la regia di Victor García (che turbarono, per i nudi, il patriarca di Venezia, il cardinale Albino Luciani, futuro papa), ma quell’anno c’erano stati anche l’Otello di Memé Perlini e l’allestimento di Cassio governa a Cipro di Giorgio Manganelli con la regia di Gianni Serra. Nel 1975, l’anno di Utopia, in occasione del “Laboratorio Internazionale del Teatro”, passano – tra gli altri – il Living Theatre (la trilogia dell’Eredità di Caino: Sette meditazioni sul sadomasochismo politico, Sei atti pubblici per trasformare la violenza in concordia e La torre del denaro), l’Odin, l’Open Theater, il Théâtre du Soleil (L’Âge d’or), Meredith Monk (Education of the girlchild), Jerzy Grotowski (Apocalypsis cum figuris, che risaliva però – non va mai dimenticato – al 1969 e che venne rappresentato sull’isola di San Giacomo in Paludo), Giuliano Scabia, con spettacoli, incontri e seminari, secondo una formula fino ad allora mai sperimentata, così diversa dai festival di Avignone o di Spoleto. Nel 1976 è la volta di Peter Brook (The Ik), di nuovo di Victor García (Divinas palabras di Ramón María del Valle-Inclán) e di Meredith Monk (Quarry), ma soprattutto di Einstein on the beach di Philip Glass con la regia di Bob Wilson. A seguito di problemi finanziari e della cronica crisi dell’ente, Ronconi si dimette da direttore il 4 luglio 1977». (da Luca Ronconi. Prove di autobiografia, a cura di Giovanni Agosti, Feltrinelli, 2019, pp. 157, n. 13)


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Le parole di Luca Ronconi


E così non mi ero sentito un figliuol prodigo quando, nel 1974, ero temporaneamente tornato a lavorare in Italia. E non solo perché ci tornavo con un ruolo preciso, da direttore del Settore Teatro della Biennale di Venezia, che per me ha voluto dire il primo, vero, impatto da responsabile con un’istituzione culturale, anche se non mi mancavano le perplessità sul tipo di gestione dell’ente, all’interno del quale mi trovavo a operare. Eppure – e non solo con il senno del poi – penso che anche la Biennale, dove ho messo in scena "Utopia" e dove ho invitato artisti come Peter Brook, Meredith Monk e Bob Wilson, sia stato un banco di prova importante, un tirocinio al Laboratorio di Prato, che di lì a poco avrei diretto.
«Luca Ronconi. Prove di autobiografia»
a cura di Giovanni Agosti (Feltrinelli, 2019), pp. 154-156